FITA VENETO / Congresso interessante e vincitori del Gran Premio
Quali storie vogliamo raccontare e perché? Una volta stabilito questo, scegliamo come farlo al meglio, affinché quella storia e il motivo per cui ci ha colpito arrivino al pubblico.
È questo, in estrema sintesi, lo stimolo più diretto che il congresso di Fita Veneto – il Comitato regionale della Federazione Italiana Teatro Amatori – ha lanciato domenica 7 ottobre al folto pubblico presente ad Este, in provincia di Padova, al Teatro dei Filodrammatici. Sul palco, insieme al presidente regionale della Federazione, Mauro Dalla Villa, tre voci della scena teatrale: l’autore, attore e regista Pino Costalunga; il suo collega, nonché docente di Storia del Teatro all’Università di Genova, Roberto Cuppone; e il giornalista e critico teatrale Lorenzo Parolin. Ciascuno di loro ha messo a disposizione la propria esperienza e il proprio punto di vista su una materia intorno alla quale, con questo congresso dal titolo “Il teatro amatoriale, fra impegno e leggerezza”, la Federazione veneta ha voluto invitare le compagnie iscritte a sviluppare un’autonoma riflessione, indipendentemente dal genere nel quale operano, ma nell’intento di proporre un teatro sempre più di qualità.
All’inizio teatrante per caso, come ha ricordato riavvolgendo il nastro del proprio percorso artistico, Costalunga si è appassionato a questo mondo. Folgorato dalla forza di Ruzzante e del dialetto, l’attore e autore ha via via compreso come ciò che conta nel fare teatro sia raccontare storie: “Trova una bella storia e raccontala al pubblico, impegnandoti, con lo studio e l’approfondimento, a trasmettere al meglio ciò che di essa ti ha colpito”, ha dichiarato Costalunga, convinto che tutto il teatro debba essere “leggero”, nel senso di piacevole e coinvolgente per chi ne fruisce, qualunque ne sia il registro, brillante o meno. Quanto al teatro comico, il relatore si è soffermato sull’importanza di non cadere nel tranello della comicità banale e fine a se stessa: “Non basatevi sulle sole battute – ha sottolineato -, sui soli momenti comici, sull’effetto immediato di un gesto che risulta divertente e strappa la risata, perché la ‘leggerezza’ non va cercata in questo: meglio sacrificare qualche risata per lasciare spazio al racconto e alla sua poeticità”.
Attento osservatore del teatro contemporaneo, Roberto Cuppone ha invece analizzato più nel dettaglio il ruolo sociale del teatro: “Quando parliamo di impegno – ha esordito – usiamo un termine superato. Non c’è un teatro impegnato e uno che non lo sia, ma un teatro fatto bene o fatto male. Ciò che conta è il senso che diamo al nostro fare teatro, l’avereun perché per il nostro stare davanti al pubblico: farlo semplicemente per mettere in scena un testo è una scelta deresponsabilizzante; il senso, invece, può stare nel voler crescere insieme agli spettatori, che dovranno uscire da teatro diversi da come sono entrati”. Dopo un’analisi dei vari filoni del “teatro sociale”, Cuppone si è quindi riallacciato a quanto affermato da Costalunga: “Guardatevi attorno – ha dichiarato – e non pensate a quale testo volete mettere in scena ma, prima di tutto, a quale storia volete raccontare. Il teatro che, aristotelicamente, ‘fa guarire’ è quello che produce un cambiamento fisico, non solo morale: un teatro che cambia i corpi delle persone, nel senso che le rende diverse nel profondo, che ne cambia l’esistenza”.
Nel suo ruolo di “spettatore professionista”, anche il critico teatrale Lorenzo Parolin ha lanciato molti, interessanti spunti di riflessione alla platea: “Il teatro – ha commentato – deve agire ad un livello emotivo e ad un livello tecnico e, non ultimo, deve dirci qualcosa di nuovo: e non basta il primo livello, per quanto più immediato, perché gli altri due sono imprescindibili”. Indovinato l’esempio con il quale il giornalista ha dimostrato come tale regola valga indipendentemente dal registro nel quale operiamo: “Prendiamo i ‘Promessi sposi’: tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta, nel giro di poche settimane, in televisione abbiamo visto lo sceneggiato classico diretto da Salvatore Nocita e la parodia comica firmata dal Trio Lopez Marchesini Solenghi. Ancora oggi è quest’ultima quella che ricordiamo di più, perché si tratta di un lavoro ben fatto nel suo registro comico”.
Vivace il dibattito seguito alle relazioni: fra gli argomenti al centro del confronto, l’importanza, per le compagnie, di aumentare la propria capacità autocritica, l’ancora scarsa capacità di osare, muovendosi attraverso linguaggi e proposte meno consuete, e – tema particolarmente complesso e delicato – il ruolo che le realtà amatoriali possono avere nel campo della teatroterapia.
In apertura di congresso, il presidente Dalla Villa ha presentato la nuova edizione di “Fitainscena”, l’annuario delle compagnie iscritte alla Federazione a livello regionale: 238 per l’anno in corso, con oltre 4mila soci, che nel solo Veneto propongono qualcosa come 5mila spettacoli all’anno, coinvolgendo oltre 1 milione e 600mila spettatori. “Una presenza importante – gli ha fatto eco Aldo Zordan, vicepresidente nazionale della Federazione – che è bene venga sottolineata quanto più possibile a livello territoriale, perché le istituzioni si rendano conto appieno del peso e della forza della nostra realtà”. Un’attenzione che il sindaco di Este, Roberta Gallana, ha assicurato al teatro e all’universo amatoriale che vi opera, “che riveste – ha sottolineato – un fondamentale ruolo culturale e di crescita, sia individuale che di comunità”.
Svoltosi a pochi giorni dall’inizio della nuova edizione di “Teatro dalla Scuola”, storico concorso Fita Veneto riservato ai laboratori teatrali delle scuole superiori del Veneto (realizzato in collaborazione con l’associazione “Città di Vicenza” e, quest’anno, in sinergia con l’analoga rassegna “Teatrando”), il congresso ha visto anche una parentesi tecnica, su alcune novità amministrative e tributarie, affidata a Roberto De Giuli, presidente dei Revisori dei conti Fita.
Il congresso, infine, ha visto la proclamazione della compagnia vincitrice del Gran Premio Regionale Veneto, riconoscimento collegato al Gran Premio del Teatro Amatoriale: scelto fra trentatré candidate provinciali e sei finaliste a livello regionale, a rappresentare il Veneto alla kermesse nazionale sarà il Teatro del Corvo di Padova, che ha convinto la giuria (composta da giornalisti del settore) con un applaudito allestimento di “Tre sull’altalena” di Luigi Lunari, con Alessandro Rossetto, Gianfranco Ara, Federico Barlani e Francesco Maria Ara. Lo spettacolo se la vedrà la prossima estate con i migliori spettacoli della stagione vincitori per le regioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.
Il presidente di Fita Veneto Mauro Dalla Villa |
I vincitori del Gran Premio regionale veneto, gli attori del Teatro del Corvo di Padova |