PROGETTO FONDAMENTA / FITA EMILIA ROMAGNA: Le testimonianze dei ragazzi
Impegnativa ma divertente, certamente ricca di emozioni e di stimoli, un’occasione preziosa per crescere come persone e per aprire la mente ad un senso del teatro che va al di là del palcoscenico. È l’esperienza offerta dal workshop che il progetto Fondamenta – Una rete di giovani per il sociale sta proponendo in giro per l’Italia e che di recente ha fatto tappa a Reggio, in collaborazione con Fita Emilia Romagna.
Con piacere, a conclusione di questo capitolo e come prologo per quelli che seguiranno, pubblichiamo le testimonianze dei giovani partecipanti al workshop di Reggio, che al termine di queste giornate hanno avuto modo di relazionarsi con alcuni ragazzi diversamente abili dell’Istituto Galvani Iodi, partner del progetto con i Comuni di Reggio e Correggio.
Beatrice BorghiQuella che sembra essere stata una piccola esperienza, si è rivelata invece una grande percorso. Di fronte ai ragazzi disabili mi sono sentita un po’ impotente. Hanno la capacità di ascoltare e comunicare con tutto il corpo, soprattutto attraverso il contatto e il sorriso. Il loro sorriso mi ha colpito particolarmente, contiene tutta la loro forza. Da questi ragazzi ho ricevuto la gentilezza, l’onestà e la bellezza della semplicità. Io penso di aver dato una piccola parte di me magari con uno sguardo, una carezza o un semplice sorriso. Mi porto a casa una bellissima esperienza piena di riflessioni, cambiamenti e crescita sia umana che relazionale.
Luis CatellaniPrima di questa esperienza ero molto felice, di potermi mettere in gioco nella relazione con ragazzi che magari fatto fatica a esprimere un bisogno, un frase. In realtà siamo noi a non voler ascoltare, a non voler capire un concetto, solo perché vediamo un’altro con occhi schifati, come se fosse diverso. Ero pieno di timori, ma ho capito che in realtà era solo quello di sbagliare approccio. Grazie a questa esperienza mi porto a casa una maggiore consapevolezza di un gesto, e di vedere qualcosa di bello anche nelle piccole cose, come un abbraccio, uno sguardo, in cui puoi comunicare moltissimo. E come quando dice semplicemente : “Ehi! Ciao Come stai? ” questo cosa può assumere diversi significati:
– come lo stare bene fisicamente;
– come lo stare bene mentalmente;
Ho capito che devo lasciare da parte i pregiudizi. In generale non vedo l’ora di continuare il lavoro con loro ma più che altro di capire e essere capito.
Gabriele Cavanna
Stamattina è stata un’esperienza
bellissima, ho avuto modo e soprattutto ho avuto la possibilità di
dimostrare, conoscere e ascoltare. La parte fondamentale e più
importante alla quale stiamo lavorando da giorni, l’ascolto.
Ho
scoperto che ascoltare è molto più importante che “mostrare” e che certe
volte anche solo l’ascolto può formare il tuo carattere e là propria
capacità comunicativa. Oggi ho cercato di mettere in pratica proprio
questo, a 360 gradi, senza se e senza ma, e tutto ciò mi ha aiutato a
mostrarmi più presente è molto più sicuro
Kevin Cordaro
Sono e mi sento felice, ho messo tutto me stesso in un incontro con persone, quello che mi hanno lasciato è proprio questo, il fatto che loro sono persone.
Che sanno amare come noi, sanno odiare come noi, sanno guardare, sanno ascoltare, sanno sentire, sanno pensare, ognuno con i suoi tempi ovviamente.
Come noi lasciamo qualcosa a loro, loro lasciano qualcosa a noi.
Avevo paura di cadere nel banale pietismo e di non riuscire a capire cosa fare e come muovermi, ma mi sono reso conto che non è stato così, mi sono reso conto che sono come noi, forse a volte, meglio.
Lisa Corradi
All’inizio di questa esperienza mi aspettavo di dover fare molto più di quello che abbiamo fatto e che la lezione fosse più pesante ma mi sono ricreduta quasi subito, sono riuscita a stare perfettamente a mio agio con l’aiuto dei sorrisi delle persone con cui ero e l’aria di felicità che girava facendomi pensare che non mi giudicano e di divertirmi, sto imparando a dare ascolto al cuore senza passare per forza dal cervello.
Corinne Davoli
Da questa esperienza ho imparato molte cose, una di queste è stata il comunicare in modo efficace verbalmente e fisicamente, ho imparato cosa vuol dire la parola “unione” perché so che l’unione fa la forza e lavorando e collaborando tutti insieme ho scoperto sentimenti ed emozioni, ho scoperto nuove personalità e sopratutto ho fatto nuove esperienze che mi hanno arricchito.
Mi sono emozionata e mi ha fatto capire le mie aspettative iniziali che erano del tutto sbagliate perché avevo paura, paura di fare passi falsi e commettere errori ma sono arrivata alla conclusione che ad essere se stessi basta poco e che la gente, ognuno di noi, persone con disabilità e non è capace di capirsi anche con un singolo sguardo o un piccolo gesto.
Matteo Falorni
Stamattina non sapevo cosa aspettarmi dato che era la prima volta che mi trovavo in questa situazione, comunque sono riuscito subito a relazionarmi e divertirmi con loro, ma sono rimasto colpito soprattutto perché è stato grazie a loro che è stato possibile, non mi aspettavo potessero essere così accoglienti fin da subito e questo mi ha fatto rendere veramente conto che anche loro possono provare emozioni. Sono contento che questo percorso me l’abbia fatto capire.
Simone Ferrari
Posso dire che sono una persona davvero piena di pregiudizi e arrogante.
Oggi nel lavorare con i ragazzi disabili, ho riscoperto che tutti noi adesso (dal primo all’ultimo) siamo capaci di dare dei giudizi sbagliati riguardo a persone che non conosciamo.
Io in primis (prima di fare il laboratorio) non ero ansioso o impaurito, ma anzi tranquillo, la mia unica preoccupazione era quella di sentirmi superiore e più fortunato di loro che non riescono a fare certe cose.
Quello che ho visto oggi ha ribaltato totalmente la situazione perché mi ha fatto capire che sono io quello sfortunato e inferiore perché giudicavo male una cosa che era bellezza.
Ne ho avuto l’esempio (che mi ha praticamente commosso) oggi lavorando con un ragazzo.
Prima di lavorare con lui mi ha colpito perché lui nonostante la sua disabilità, era felice e mi sono domandato: “io molte volte mi lamento di come sono, e uno così cosa dovrebbe dire? Che entra in aula con un viso bellissimo? Che ti fa cambiare la giornata”.
Ero così colpito e affascinato da come si metteva in gioco e da quello che mi voleva trasmettere che non mi sono nemmeno accorto che mi ha sbavato addosso.
Andreea Gavril
Io dopo questa esperienza ho imparato come bisogna relazionarsi con questi soggetti diversamente abili , come comportarsi , come il disabile è in grado di scegliere anche da solo per se stesso , che bisogna avere una formazione perché così si è consapevoli di quello che si fa, che noi non sappiamo il mondo, che bisogna essere se stessi con loro come se fosse un tuo amico, è che nel teatro e comunque importante perché crea integrazione lavorando in gruppo e si mettono in campo le abilità del diversamente abile e cosa importante non ci devono essere pregiudizi, anche se è difficile. Prima di lavorare con loro avevo paura, ero tesa e Ansiosa perché era la mia prima esperienza di questo tipo. Ma anche perché non sapevo come comportarmi e che cosa fare però quando abbiamo iniziato a fare gli esercizi sono cambiata io e il mio modo di pensare. Mi sono divertita ed emozionata, è stata un’esperienza davvero bella e mi dispiace se all’inizio avevo quella paura di lavorare con loro. Loro mi hanno dato tanto, e penso anch’io.
Martina Gherri
In questo percorso credo di aver messo in pratica tutto quello che hanno cercato di darmi, anche se in rapporto alla disabilità, non ho capito l’esercizio di Alex (marionette). Di ieri soprattutto ho fatto tesoro della parola GAS e ho cercato in tutti i modi di metterla in relazione con il laboratorio affrontato oggi. Credo di portare a casa da questa esperienza: umanità. Ho cercato di fare niente, cioè mi sono buttata e mi sono stupita di quanto potevo capire, anche se non ho risposto a tutte le domande. Ma ogni cosa al suo tempo.
Denis Hila
Prima di iniziare questa attività avevo il timore di non riuscire a dare il massimo,ma vedendo i loro sorrisi e le loro gentilezze sono scomparsi tutti i malesseri,mi sono molto divertito e emozionato con un di quei ragazzi.
Speriamo che con il passare del tempo questa esperienza mi migliori
Carlos Juan
Cosa porto a casa? Beh, a casa porto la consapevolezza che si può sempre imparare a ricevere del bene anche da quelle persone che fanno si parte del nostro quotidiano ma che tendiamo ad emarginare o semplicemente cerchiamo di congedarle velocemente senza renderci conto di quanto loro, a causa della loro difficoltà siano molto più sensibili e umani e che se noi ci fermassimo un’attimo e gli dessimo la possibilità di parlare, che non vuol dire per forza con le parole, scopriremo che in fondo tra noi e loro la differenza è poca e a quel punto ci sentiremmo parte di un unico, immenso e meraviglioso Noi, perché queste persone sono in grado di voler bene e di colorarci la giornata il che è bellissimo perché secondo me un po’ di colore nelle nostre giornate può solo che far bene.
Valentina Luisi
Da questa esperienza ho appreso che per fare nuove conoscenze e capire meglio l’altro bisogna astenersi dai pregiudizi, cosa non facile in alcune situazioni.
La sera prima dell’inizio del progetto, anche dopo l’incontro con l’esperto, pensavo che molto probabilmente non sarei mai e poi mai riuscita a trovarmi in una condizione di agio con persone disabili.
Mi sbagliavo, lo so!
Non dovevo analizzare l’esperienza attraverso pregiudizi e inutili ansie o paure, perché successivamente ho potuto rendermi conto che erano pressoché inutili e superflue.
Quello che mi preoccupava principalmente è che spesso quando mi viene proposto un progetto o un laboratorio cado direttamente in una situazione di disagio totale dove preferisco non partecipare per paura di non esserne all’altezza o di non sapere abbastanza.
Ho capito però che piccoli gesti, a volte, valgono più di mille parole e sono orgogliosa di aver partecipato e fatto si che questa esperienza sia l’inizio di un cammino verso dove tutti, nessuno escluso, sono accettati per quello che sono e dove le difficoltà possono essere trasformati i punti di forza per se stessi e per gli altri.
Oktawia Ewa Lupa
Ieri abbiamo avuto l’occasione di avere con noi il professionista Valler, approfittando della sua disponibilità e della sua carriera da rappresentante-oss per porgergli delle domande alla luce del progetto teatrale con i ragazzi disabili della nostra scuola. Ciò che ci ha principalmente trasmesso è che non è questione di anziani o disabili, in ogni caso lavorare nel sociale vuol dire prendersi cura degli altri, mettendo in campo le proprie esperienze unite alle conoscenze. È essenziale che l’equipe sia solida e unita, affinché ognuno possa chiedere aiuto e avere il diritto di essere aiutato, migliorando il lavoro stesso ma soprattutto le condizioni dei lavoratori. Per relazionarci con un disabile non occorre compiere chissà quale gesto, ma semplicemente atteggiarsi con naturalezza, perché essendo umani come me, come tutti noi, sono in grado di capire e di farsi capire verbalmente o sfruttando le proprie abilità per permetterci ciò.
Questo laboratorio è stato utile per iniziare a mettere dei punti. Infatti, stamane ero abbastanza sicura di poter creare un contatto coi ragazzi, ma appena le siede hanno iniziato a riempirsi un po’ di timore è venuto fuori. “E se non riuscissi a farmi capire?” Questa era la domanda che mi ha assillato per i primi cinque minuti. La professoressa di teatro però è riuscita subito a metterci a nostro agio, facendoci divertire e svolgere esercizi di ascolto e conoscenza indispensabili per iniziare questo progetto col piede giusto. Cosa mi porto a casa grazie a quest’esperienza? Dovrei iniziare a pensare alle altre persone, e non vedere me come il centro dell’universo. Sarà un percorso difficile, ma se loro riescono a vivere con le proprie piccole e grandi disabilità, io devo riuscire a maturare per lavorare in modo responsabile.
Sara Moraes Dos Anjos
Durante il contatto con i disabili , lo chiamo così perché è come lo identifico, mi sono sentita molto provata e sottoposta a molta pressione questo senza dimostrarlo , mi sono tenuta tutte le mie preoccupazioni dentro, ho provato a mettere in atto la mia banale e quotidiana impostazione della persona tranquilla e capace, anche se consapevole della mia paura perpetua di non essere accettata è compresa, paura di essere strana e non riuscire a dare esattamente ciò che mi ero prefissata o ciò che gli altri miei compagni erano capaci di dare, quindi seguendo le indicazioni di Waller ho messo in pratica la naturalezza senza usare maschere, perché i ragazzi disabili non hanno la cattiveria di giudicare ma sentono la cura è l’affetto e la semplicità del contatto ciò che mi ha sorpreso di più è il fatto che loro mi hanno dato ciò che io avrei dovuto dare secondo la mia concezione e ho imparato che loro sono allo stesso livello di noi mi sono spogliata dai pregiudizi . È stato un momento per capire come mettere in pratica ciò che ieri un professionista nell’area della sociale Waller ha preannunciato cioè le modalità del lavoro per essere operatori efficaci e sono due punti essere empatici per natura cioè avere una predisposizione verso l’altro poi guardare sentire e ascoltare, cioè essere a mio avviso attivi perché devi far capire che tu ci sei Senza voler imporre la tua volontà, Poi dall’incontro ho capito che anche raggiungere piccoli micro obiettivi e dargli peso è molto importante perché per noi può essere un’azione abitudinaria ma per loro magari fare certe cose richiede molto sforzo punto e virgola non si può però pensare di poter cambiare totalmente la situazione dell’ospite o utente ma bisogna fare acquistare alla persona dignità punto inoltre dobbiamo sempre affidarci a persone che hanno avuto un’esperienza più prolungata è un percorso vero e proprio nell’area fondamentale e lavoro di equipe équipe perché si crea così un’aria favorevole al lavoro.
Nicole Quadernari
All’inizio di questa esperienza avevo molta ansia, ansia di sbagliare e provocare dolore o disagio nella persona davanti a me.
Il giorno prima di iniziare il progetto a scuola con i disabili è venuto Waller Corsi a spiegarci il suo lavoro da responsabile O.S.S. e abbiamo colto l’occasione per fargli domande e risolvere alcuni timori e dubbi.
Ci ha detto che per far un buon lavoro bisogna essere se stessi, perciò durante la lezione ho provato ad essere naturale, i sorrisi sulle loro facce hanno allontanato i miei dubbi.
Ci siamo ascoltati e ci siamo conosciuti, aprendoci alla diversità. Alla fine della lezione mi sono data della stupida, non avevo nessun motivo di essere ansiosa. Cosa mi porto a casa? Beh, di sicuro non i pregiudizi.
Nicole Tedeschini
È stata un’esperienza davvero molto intensa. All’inizio ero tesa e leggermente spaventata, poi appena abbiamo cominciato con gli esercizi ho iniziato a sciogliermi. Ho cominciato a provare diverse sensazioni del tutto inaspettate. E diversamente da quello che pensavo, e dalle aspettative iniziali mi sono trovata davvero bene, mi sono lasciata andare mettendo da parte gli “stereotipi” e le paure iniziali. In questo modo sono riuscita a vivere a pieno questa esperienza portando a casa risultati positivi. Sono rimasta stupita e colpita da come delle semplici attenzioni possano cambiare nettamente la giornata di una persona. Sono davvero felice di questa esperienza, nonostante io sappia che ci sono ancora punti in cui devo migliorare, nonostante ciò sono sicura che questa esperienza abbia cambiato il mio metodo di approccio e il mio modo di pensare nei confronti di persone con disabilita perché ora sono consapevole di quanto possano dare.
Giulia Zirotti
In questa esperienza ho fatto un po’ di chiarezza.
Ho cercato di ascoltare il più possibile gli esperti e i pensieri delle altre persone.
Ho provato a “entrare” nelle prospettive degli altri, per cercare di capire la mia, perché faccio fatica ad avere un’idea precisa sull’argomento.
Ho sempre pensato di avere il bisogno di lavorare con le persone, anche se una persona esterna probabilmente direbbe il contrario.
So quale lavoro voglio fare da grande, e so che non è questo, ma penso che si possa collegare e che l’esperienza che ho fatto mi abbia arricchito molto a livello umano.
Ho ascoltato l’esperto e ho ritrovato in lui molta semplicità, che per me è una cosa positiva, intendo quella semplicità che racchiude l’amore, la passione, la voglia, il bisogno di fare questo lavoro.
Chi lavora con le persone, disabili, anziani, bambini, deve sentirne il bisogno, deve avere studiato, e deve escludere dalla sua vita lavorativa i pregiudizi.
Ho capito che i pregiudizi servono solo per metterti in difficoltà, perché si annulleranno tutti una volta che lavorerai sul campo, in primis perché le persone con cui lavorerai non me hanno nei tuoi confronti.
Ho capito che questo lavoro, questo progetto necessita di autentica empatia, di sorrisi veri che accolgano l’altro.
Credo di essere pronta per un progetto futuro in questo ambito, con loro oggi mi sono trovata davvero bene, è uscita una parte di me che spesso fatica ad uscire, ero tranquilla, sono stata naturale, ero a mio agio e mi sono anche divertita, per questo la valuto in modo positivo.