FITA NAZIONALE / FESTA DEL TEATRO – Intervista al doppiatore Massimo Rossi

Massimo Rossi, attore e doppiatore, ha
un curriculum che, a scorrerlo, sembra di sfogliare un manuale di
cinema e tv.
Voce” di artisti come Sean Penn,
Charlie Sheen, Kiefer Sutherland, Antonio Banderas e Bruce Willis (ma
solo per fare qualche esempio), ha partecipato al doppiaggio di
lavori come “C’era una volta in America” di Sergio Leone,
“Shrek 2” (è stato il gatto con gli stivali), “Birdman” di
Alejandro González Iñárritu, oltre a dare la “nuova” voce a
Ridge Forrester in “Beautiful” e, dal 2015, al personaggio di
Phil Dunphy nella sitcom “Modern Family”.
Il doppiaggio, d’altra parte, nella
sua famiglia sembra essere di casa: padre di Valentina, fratello di
Riccardo ed Emanuela Rossi, cugino di Laura e Fabio Boccanera,
Massimo Rossi si è prestato volentieri a rispondere a qualche
domanda prima di affrontare le tantissime altre che i partecipanti
alla Festa del Teatro gli hanno posto, nel corso di una conversazione condotta, venerdì 29 settembre a Roma Ostia, dalla direttrice artistica dell’evento, Fiammetta Fiammeri.

Come è arrivato al doppiaggio e al
particolare uso della voce richiesto da questa professione?
Personalmente non ho fatto studi
particolari;
ho iniziato che
avevo sei anni
e quello che ho
imparato l’ho acquisito sul campo, apprendendo piccole e grandi
cose da maestri che mi hanno insegnato a manovrare al meglio lo
strumento-voce: e posso dire che il riscontro c’è, viste le
gratificazioni e i riconoscimenti che ho ottenuto nella mia carriera.
Quanto all’uso, la voce è uno strumento paragonabile a qualsiasi
altro: basta avere una buona manualità per “manovrarlo” e si
ottengono suoni meravigliosi, perché abbiamo delle possibilità che
vanno al di là dell’immaginabile.

La voce è un elemento
indispensabile per la costruzione di un personaggio: fra tecnica e
immedesimazione, quali sono gli ingredienti per creare la ricetta
perfetta?
Prima di tutto va detto che
“doppiatore” vuol dire “doppio-attore”, quindi per prima cosa
devi essere un attore. Ma quando l’attore affronta una parte a
teatro o al cinema, la costruisce su di sé, mentre il doppiatore
deve “incollarsi” su qualcosa che già c’è, che è già stato
stabilito da un altro: la voce giusta, quindi, bisogna trovarla
davanti ad un leggio e ad un microfono…

Quindi non si hanno nemmeno il
movimento o la postura, che nella recitazione “normale”
influiscono sulla voce…
Infatti. L’impatto con il microfono
è diverso da quello dell’attore: la voce a teatro deve uscire in
una certa maniera, facendosi sentire anche da lontano, ma mantenendo
naturalezza; nel doppiaggio, invece, bisogna parlare molto piano,
perché il microfono prende e amplifica tutto.

La tecnica è fondamentale, quindi?
Certamente. Il diaframma dev’essere
manovrato dal fiato: più se ne ha, più si suona naturali, e si
impara a manovrare ed impostare la voce, pian piano. Ma se è
importante far vibrare il diaframma è altrettanto importante far
vibrare qualcosa che è lì vicino: il cuore, perché la tecnica non
basta. In questo la preparazione e l’esperienza da attore sono
indispensabili. E attori si nasce. Ci si può affinare, con tecnica e
allenamento; ci si può migliorare: ma bisogna nascere così. 
Massimo Rossi durante la conversazione sulla voce alla Festa del Teatro

Una parte del pubblico che ha assistito all’incontro con Massimo Rossi, condotto da Fiammetta Fiammeri, direttrice artistica della Festa 2017