Sipario ha incontrato Carmelo Pace

La nostra redazione ha avuto il piacere
di incontrare – durante la pausa di un consiglio direttivo – Carmelo
Pace, presidente nazionale Fita (Federazione Italiana Teatro Amatori)
che ha gentilmente risposto ad alcune veloci domande.
C’è una sostanziale differenza tra il teatro amatoriale e quello professionistico?
E’ solo lo spirito che è diverso. Ogni
componente delle nostre compagnie è fortemente impegnato nella
preparazione dello spettacolo, ma non ne ha una retribuzione,
diversamente dal professionista che sceglie il teatro come un lavoro, si
badi che la mia non è assolutamente una critica. Chi fa l’amatore
sceglie il teatro come un hobby, il modo poi con cui si approccia il
mondo del teatro, sia artistico che organizzativo, è professionale per
entrambi.
Quante sono le compagnie aderenti alla Fita? e come sono dislocate sul territorio?
Siamo in tutte le regioni, eccetto la
Valle d’Aosta che fa molto riferimento, dal punto di vista culturale, al
Piemonte. A parte questo, temevamo fortemente che la crisi potesse
essere pericolosa anche per la nostra federazione, visto che viviamo sul
nostro autofinanziamento. E verificando i dati del 2013, il risultato è
veramente confortante. (Tabella Fita con rilevazioni al settembre 2013:
1.249 compagnie affiliate con poco meno di 20.000 soci, ndr).
Quali sono le caratteristiche richieste ai vostri aderenti?
Innanzitutto il rispetto delle regole
artistiche, dello spettacolo, si deve assolutamente presentare al
pubblico un “prodotto” artisticamente di qualità. Poi, in un mondo fatto
di regole non si può pensare di non rispettarle, quindi chiediamo la
costituzione della compagnia con un atto formale e registrato, il
rispetto degli adempimenti fiscali e della burocrazia italiana. E su
questo diventa importante fare parte di una federazione come la nostra,
che assicura la soluzione di alcuni problemi, oltre la possibilità di
avere scambi artistici, quindi aumentare la possibilità di numeri di
spettacoli sul territorio e altri aspetti.
Il teatro amatoriale non conosce quindi
la stessa crisi che ci è stata paventata da alcuni professionisti che
abbiamo incontrato…
Il professionista lavora soprattutto
sulle grandi città e in questo momento è difficile, ma la voglia di
andare a teatro che noi riscontriamo non solo nei grandi centri, ma sui
territori, è molto alta. Nelle province lo spettacolo amatoriale spesso è
l’unica occasione per andare a teatro, anche per economicità e presenza
di strutture, lontane dai grandi circuiti. Prima con più fondi pubblici
il circuito era più ampio e si riusciva ad arrivare anche nei piccoli
centri, indipendentemente dal riscontro economico al botteghino. Ora che
i fondi sono pochissimi o addirittura non ci sono più, parte del teatro
si trova in crisi.
Noi che da sempre abbiamo come punto di forza lo
spettatore pagante sentiamo meno questo problema. Pensi che su un
bilancio di circa 300.000 euro, riceviamo dal fus (fondo unico per lo
spettacolo, ndr) 8.500 euro, è tutto autofinanziato e per questo la
crisi si sente meno. Certo soffiamo il numero inferiore di spettatori
che vengono a mancare per oggettiva carenza di fondi da destinare al
teatro, ma non per altri motivi.
Ultima domanda sui testi, è facile o
difficile per le compagnie amatoriali riuscire ad ottenere buoni copioni
dagli autori professionisti?
Partiamo dal presupposto che il diritto è
dell’autore, appunto, ha la scelta libera su a chi affidare il proprio
testo. Una scelta anche commerciale che l’autore fa, dando l’esclusiva
su una propria opera. Con l’esclusiva ovviamente la chiusura è per
chiunque, professionista o amatoriale che sia. Poi ci sono gli autori
che alcuni definiscono di “nicchia”, ma che comunque si creano un
proprio circuito con le compagnie amatoriali, facendosi conoscere,
riuscendo così a garantirsi un numero elevato di spettacoli. Poi ci sono
alcuni autori, pochi, che decidono che il proprio testo debba andare
solo al professionista, ma in questo caso si tratta di poca conoscenza
dell’ambiente…
C’è quindi bisogno di una maggiore diffusione e comunicazione?
Io sono convinto che il pubblico non
distingue tra amatoriale o professionista, ma se lo spettacolo è
piaciuto o meno. Da parte nostra come Fita dobbiamo continuare ed
insistere nel dare valore al nostro teatro amatoriale, anche nei
confronti degli autori, almeno di alcuni. Se abbiamo come testimonial
Dacia Maraini, o altri nomi del genere, evidentemente si è capito quale
sia il valore del teatro amatoriale.
E il pubblico…
Il pubblico va solamente portato a
teatro e con un teatro fatto bene. Niente di più. E’ come quando a
scuola portano i ragazzini a teatro senza prima prepararli, con il
rischio che poi se ne allontanino definitivamente. Il pubblico va
educato con la qualità, e se giovane facendo comprendere che si tratta
di una forma di spettacolo diversa dal cinema o dall’opera o dal
balletto. Poi che si tratta di una forma di socializzazione, quello è un
altro discorso che chi lo prova difficilmente poi riesce ad uscirne. La
magia dell’attore non professionista è che si entra in una famiglia, la
propria compagnia, dove si dà spazio al proprio ego, ma soprattutto si
sta bene, si soffre insieme, si hanno obiettivi comuni e tante
soddisfazioni.
Nei momenti di crisi tutti tendiamo ad
isolarci, la partecipazione ad una esperienza di teatro amatoriale
diventa anche educativa in questo senso, noi che ci siamo dentro lo
sappiamo perfettamente e cerchiamo di farlo comprendere anche ai
genitori che a volte vedono gli hobby dei ragazzi come perdite di tempo.
Chi invece ha maturato questa esperienza, anche durante il periodo
scolastico, sa benissimo della ricchezza che ti restituisce…
… e a giudicare da come, in
quest’ultima domanda, si sono accesi gli occhi del presidente Pace siamo
certi che non stesse interpretando un copione. La sua presenza è
richiesta nella riunione e noi non possiamo che ringraziarlo del tempo
che ci ha accordato.